Uno/uno, il numero sul calendario nuovo appeso in cucina. Un numero che, da solo, è già un inizio. Una pagina bianca, da riempire di progetti, appuntamenti, piccoli avvenimenti.
Una promessa, una scommessa: il futuro che ricomincia ogni anno, respingendo nel passato quello che fino a mezzanotte era il presente.
Cheddonna, con una tazza di caffè bollente a fare da antidoto allo champagne irresponsabile della notte appena trascorsa, guardava quel numero che, come una freccia, sembrava indicare la strada agli altri che lo avrebbero seguito nella danza incessante dei giorni e dei mesi nell’anno appena cominciato.
Il calendario di quello precedente, con le sue pagine ingrigite e gonfie dei tanti giorni già vissuti giaceva chiuso sul tavolo.
Alcuni da ricordare, con crocette e piccole annotazioni a penna, altri da lasciare bianchi, perché ci sono vuoti impossibili da riempire con le parole. Anniversari, nuovi arrivi, partenze: un tratto di vita racchiuso in dodici mesi. Un tratto di vita che, per il bisogno di ordine che ci impone di catalogare il passato, chiamiamo con un numero: 2014, 2015, ma che, in fondo, non è altro che una sequela infinita di gioie e dolori, di luci e di penombre, di buio, a volte: di vita.
Pensieri di una mattina che già sconfinava nel pomeriggio, del primo giorno del primo mese di un anno che per Cheddonna, come sempre, iniziava sulle note della marcia di Radetzky.
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