Il mattino seguente, mentre Cheddonna rientrava a casa dopo aver accompagnato IlPrincipe alla scuola materna, vide Lastregadisopra che, con le spalle rivolte alla strada, stava seduta sul davanzale della finestra. "Oddio!" pensò terrorizzata, "Quella si vuol buttare di sotto!" Poi, facendosi coraggio, gridò: "Signora, non lo faccia! Non ne vale la pena!" Lastregadisopra, colta di sorpresa, fece un movimento improvviso, e per poco non cadde davvero. Ciononostante, come se nulla fosse, sfoderò un amabile sorriso e replicò: "Non vale la pena, dice? Ma guardi come sono sporche, queste tapparelle! Di solito le pulisco tutti i giovedì, ma ieri ho avuto da fare e adesso sono veramente indecenti!" Cheddonna divenne rossa per l’imbarazzante equivoco, e cercò di rimediare cambiando prontamente discorso. "E’ da un po’ che pensavo di invitarla a bere un caffè…Perché non viene adesso?" "Volentieri, ma venga lei a casa mia!", cinguettò Lastregadisopra. "Qui ho quasi finito, il tempo di cambiarmi e poi l’aspetto!" Cheddonna rientrò in casa e subito si pentì di quell’uscita estemporanea. "E adesso…cosa le dico? Che imbarazzo, dopo quello che è successo ieri sera…"mormorava tra sé. I dieci minuti seguenti trascorsero con lentezza inesorabile, e quando finalmente giunse il momento di salire al piano di sopra, Cheddonna aveva ripetuto mentalmente almeno una decina di volte le parole che avrebbe pronunciato al suo ingresso in quella casa sconosciuta. "Ma che bella casa, complimenti! Così luminosa, e che buon gusto!".
In realtà Cheddonna era convinta che, dopo i tragici avvenimenti della sera prima, si sarebbe trovata dinnanzi qualcosa di molto simile ad un campo di battaglia costellato di cocci e macerie, ed era perciò pronta a mentire spudoratamente, per non urtare la suscettibilità della vicina, ma la scena che le si parò di fronte la colse del tutto impreparata. L’appartamento, inondato dalla luce del sole che entrava dalle finestre spalancate, pareva uscito da una rivista di arredamento: le pareti bianche, pitturate di fresco, accentuavano ancor di più il candore dei mobili di design che, collocati ad arte, facevano bella mostra di sé nel grande salone su cui si affacciava l’ingresso. Ovunque regnavano l’ordine e la pulizia. Non c’era un oggetto che non fosse al suo posto. Non c’era anima viva. "Entri pure, mia cara, le chiedo solo di infilarsi le pattine, sa ho appena dato la cera, ma possiamo darci del tu, vero?" esordì Lastregadisopra, invitando Cheddonna a entrare. "Gradisci un caffè?" "Ti ringrazio! Che bella casa, complimenti!" disse Cheddonna, che non aveva nemmeno dovuto mentire, e si accomodò sul divano immacolato. "Ma tua figlia? Non è in casa?" si informò Cheddonna, che non vedeva tracce della bambina nell’ambiente circostante. "Ma certo che c’è! Sta pulendo la sua cameretta, ma poi verrà sicuramente a salutarti!" la rassicurò Lastregadisopra, con materno compiacimento. "Ecco il caffè. Zucchero?" s’informò Lastregadisopra. "Si, grazie. Due cucchiaini. Lo preferisco dolce!" "Anche Quelverme lo prendeva sempre dolce… E pensare che tutte le mattine gli preparavo le brioches fresche e il pane fatto in casa…" e Lastregadisopra scoppiò in violenti singhiozzi. Cheddonna decise in cuor suo che, d’ora in poi, il caffè l’avrebbe preso amaro. (continua)
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