Aveva saputo da una vecchia compagna di università che era tornato in città già da un pezzo. Aveva letto più di una volta il suo nome, associato a fatti di cronaca, sulle pagine dei quotidiani. Gli amici comuni con cui era rimasta in contatto, pochi, in verità, le avevano detto che non era cambiato affatto. Lei, però, non lo aveva più incontrato da quel giorno di vent’anni prima, quando avevano deciso di provare a non vedersi per un po’. Come spesso succede, avevano finito col prendere strade diverse: lei aveva conosciuto Miomarito e l’aveva sposato, lui era diventato un brillante avvocato penalista, che doveva la sua fortuna al fatto di aver tirato fuori dai guai un paio di calciatori famosi, qualche anno prima. Non avrebbe mai pensato di vederselo apparire davanti, un mattino qualunque di febbraio. Dapprincipio non lo aveva nemmeno riconosciuto, con gli occhiali scuri e la sciarpa di cachemire avvolta intorno al collo, alla fermata dei taxi, davanti alla stazione. Poi era stato lui a rompere il silenzio con un "Non ci posso credere, Cheddonna! Ma che piacere!". La sua voce era come la ricordava: calda e profonda, come i suoi occhi, di un azzurro tanto intenso da non sembrare freddo. "Cheuomo… Come stai?" balbettò Cheddonna, improvvisamente incapace di trovare altre parole. "Sempre di corsa, purtroppo. Ma il tempo per un caffè lo trovo di sicuro!" e prendendo Cheddonna sottobraccio si diresse verso un’ elegante pasticceria poco distante. Cheddonna ordinò un cappuccino e una brioche al cioccolato e, assaporandone il dolce ripieno mentre ascoltava assorta quell’uomo dallo sguardo magnetico, si sentiva vagamente in colpa, e non solo per la linea.
chiarapesentiagost
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