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chiarapesentiagost

Cheddonna sull'orlo di una crisi di nervi.

Le avevano assicurato che tutto si sarebbe risolto in massimoduegiornilavorativi. Erano arrivati, il giorno previsto per l’inizio dei lavori, con un’ora e mezza di ritardo e avevano cominciato a spaccare senza pietà ogni piastrella, muro o mattone di quei nove metri quadri di bagno, lasciando cumuli di macerie dietro di sè. Poi, all’improvviso, dopo una concitata serie di telefonate, si erano fermati e, senza una parola, avevano caricato flessibili, cazzuole, secchi e sacchi di cemento sul camion parcheggiato abusivamente in mezzo alla strada condominiale. “Signò, noi andiamo” aveva annunciato Olaf, lasciando Cheddonna temporaneamente senza parole. “Ma come?”aveva articolato lei, dopo essersi riavuta ” e il mio bagno? Non è finito!” “Lo so signò, ma il piastrellista non ha consegnato le piastrelle. Quando sono pronte torniamo”rispose Olaf, accendendosi con calma una sigaretta. “Ma…quanto ci vorrà?” chiese Cheddonna, sgomenta. “E io che ne so, signò? Deve sentire il piastrellista. Arrivederci.” e Olaf scomparve in una nuvola di fumo. Cheddonna non aveva il numero del piastrellista. Non aveva nemmeno idea di chi fosse. Sapeva solo che le piastrelle che aveva scelto insieme ad Archidelia, il suo architetto di fiducia, erano proprio della sfumatura di grigio antracite che lei aveva in mente, e che erano le più care di tutto il catalogo. In preda ad un incipiente attacco di panico Cheddonna digitò il numero dell’amico. “Pronto, Archidelia?” All’altro capo dell’apparecchio una voce rassicurante la prevenne. “Cara, non preoccuparti, so già tutto. Olaf mi ha telefonato poc’anzi. C’è stato un disguido tra lui e il piastrellista e la fornitura delle piastrelle non è arrivata in tempo. Massimosettegiornilavorativi e risolviamo tutto. Stai serena!” Cheddonna serena non lo era affatto, e guardando la mazzetta da demolizione dimenticata dai muratori in un angolo del bagno si sorprese a canticchiare una canzonetta in voga negli anni sessanta “datemi un martellooooooo!”, con uno strano ghigno sul volto.



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